Un modello sociale oltre l’energia
Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) non sono soltanto un meccanismo innovativo per produrre e condividere energia pulita. Esse incarnano un nuovo modello sociale e partecipativo, fondato sulla cooperazione tra cittadini, imprese e istituzioni. In un contesto segnato dalla crisi climatica ed energetica, le CER si configurano come spazi di democrazia energetica, dove la gestione condivisa delle risorse diventa occasione per rafforzare la coesione sociale, ridurre le disuguaglianze e promuovere una cultura diffusa della sostenibilità.
Non si tratta soltanto di pannelli solari o tecnologie digitali, ma della costruzione di comunità consapevoli e solidali, capaci di affrontare insieme le sfide ambientali ed economiche del futuro.
La crescita secondo i dati del GSE
Secondo i dati più recenti diffusi dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), le configurazioni di CER, Gruppi di autoconsumo collettivo e autoconsumatori individuali a distanza hanno superato le 2.000 unità, coinvolgendo quasi 18.000 utenze tra famiglie, imprese ed enti locali. Una crescita che interessa in particolare Piemonte, Lombardia, Sicilia e Veneto, regioni che hanno saputo attivare reti locali più strutturate.
Il Presidente del GSE, Paolo Arrigoni, ha evidenziato come “la consapevolezza dei benefici economici, ambientali e sociali dell’autoconsumo diffuso stia finalmente crescendo nel Paese”, confermando il ruolo strategico della partecipazione dal basso nella transizione energetica.
La spinta normativa e le risorse del PNRR
L’accelerazione non deriva solo da una maggiore sensibilità ambientale, ma soprattutto dagli interventi normativi più recenti. Con il Decreto CACER e le regole operative del GSE si sono registrate tre modifiche decisive:
- estensione della possibilità di costituire CER anche nei Comuni fino a 50.000 abitanti (prima il limite era 5.000);
- proroga dei termini: fine lavori al 30 giugno 2026 ed entrata in esercizio entro il 31 dicembre 2027;
- incremento delle spese tecniche ammissibili dal 10% al 30%.
Queste misure hanno reso le CER più accessibili e hanno permesso di intercettare le risorse del PNRR destinate al settore, pari a oltre 2,2 miliardi di euro.
La burocrazia resta il vero freno
Nonostante i progressi, permangono colli di bottiglia burocratici che rischiano di frenare lo sviluppo:
- iter autorizzativi complessi e non uniformi tra Regioni e Comuni;
- tempi lunghi per gli allacci alla rete elettrica;
- scarsa disponibilità di supporto tecnico per i piccoli Comuni e i cittadini interessati.
Come ha ricordato Marco Bussone, Presidente UNCEM, “non basta registrare nuove configurazioni: occorre ora realizzare concretamente gli impianti e far sì che le comunità diventino protagoniste attive del cambiamento”.
L’Italia laboratorio europeo di innovazione
Pur tra difficoltà, l’Italia si conferma un laboratorio europeo di innovazione energetica. Il modello del Digital Twin, piattaforma di simulazione che consente di prevedere i comportamenti delle comunità energetiche e ottimizzare la gestione delle reti, è osservato con interesse da altri Paesi.
Tuttavia, come ricorda l’ingegnere Giuseppe Milano, occorre diversificare: in Austria e nei Paesi scandinavi si sperimentano modelli basati sul teleriscaldamento da fonti rinnovabili, in Grecia sull’idroelettrico di prossimità. In Italia, invece, le CER sono quasi esclusivamente legate al fotovoltaico, un limite che potrebbe ridurne la resilienza nel lungo periodo.
Profili giuridici, digitali e tutela della privacy
Accanto alle questioni energetiche, le CER pongono anche sfide giuridiche e regolatorie. Le normative europee e nazionali stabiliscono obblighi stringenti in termini di governance, sicurezza digitale e gestione delle piattaforme.
La digitalizzazione dei processi, spesso accompagnata da tecnologie come blockchain e smart contract, garantisce trasparenza ed efficienza ma apre nuovi fronti di rischio: la tutela dei dati personali e la sicurezza informatica.
Il GDPR impone alle comunità di:
- fornire informative trasparenti ai membri;
- chiarire i ruoli tra titolari, contitolari e responsabili del trattamento;
- valutare, ove necessario, l’esecuzione di una DPIA;
- adottare misure di sicurezza adeguate (art. 32 GDPR).
Parallelamente, la Direttiva NIS 2 introduce obblighi specifici di cybersecurity per garantire la resilienza delle infrastrutture digitali utilizzate dalle CER.
Conclusioni: dalla potenzialità alla realtà
Le CER rappresentano uno dei pilastri più promettenti della transizione ecologica. Perché possano consolidarsi servono tre azioni prioritarie:
- semplificazione radicale delle procedure autorizzative;
- realizzazione concreta degli impianti, trasformando le configurazioni in energia prodotta e condivisa;
- tutela dei diritti fondamentali, affinché digitalizzazione e partecipazione non diventino fonte di nuove vulnerabilità.
Le Comunità Energetiche non sono solo un progetto energetico, ma un patto sociale e giuridico tra cittadini, imprese e istituzioni. L’Italia, tra ritardi e innovazioni, ha ora la possibilità di fare scuola in Europa, a condizione che il potenziale delle CER si traduca in risultati concreti e sostenibili.
Il quadro normativo delle CER
Le Comunità Energetiche Rinnovabili trovano la loro base giuridica nel Pacchetto Energia Pulita per Tutti gli Europei (Clean Energy Package) e in particolare nella Direttiva (UE) 2018/2001 – RED II, che ha introdotto il diritto per cittadini, enti locali e PMI di associarsi per produrre, consumare, immagazzinare e vendere energia da fonti rinnovabili.
In Italia, il recepimento è avvenuto con il D.Lgs. 199/2021, integrato dal Decreto MASE 7 dicembre 2023 (c.d. Decreto CACER) e dalle Regole operative del GSE.
Gli elementi principali sono:
- Estensione soggettiva: possono partecipare cittadini, imprese (PMI), enti territoriali e religiosi, purché l’obiettivo principale non sia il profitto ma il beneficio ambientale, sociale ed economico.
- Estensione territoriale: limite della cabina primaria di riferimento e possibilità di costituire CER anche in Comuni fino a 50.000 abitanti.
- Incentivi: tariffa premio sull’energia condivisa e contributi in conto capitale finanziati dal PNRR.
Il sistema giuridico italiano, dunque, configura le CER come soggetti ibridi, a cavallo tra realtà associative e imprese energetiche, con obblighi di governance, rendicontazione e rispetto della normativa di settore.
Il nodo della privacy e della sicurezza digitale
Le CER non sono solo comunità energetiche, ma anche organizzazioni digitali: gestiscono piattaforme di monitoraggio dei consumi, sistemi di smart metering, e spesso utilizzano tecnologie innovative come blockchain e smart contract per automatizzare la ripartizione dei benefici.
Questa dimensione comporta rilevanti impatti sul piano privacy:
- i membri devono ricevere informative trasparenti sul trattamento dei loro dati personali;
- occorre chiarire chi sia titolare del trattamento (la CER, un’associazione o società veicolo, oppure contitolarità tra più soggetti);
- in molti casi è necessaria una DPIA (Data Protection Impact Assessment), data la natura innovativa e i rischi elevati;
- l’art. 32 GDPR impone l’adozione di misure tecniche e organizzative adeguate (es. crittografia, pseudonimizzazione, accessi tracciati).
A questi obblighi si aggiungono quelli della Direttiva NIS 2, che richiede a soggetti operanti in settori energetici e digitali di garantire cybersecurity by design, gestione degli incidenti e obblighi di notifica alle autorità competenti.
Le CER, quindi, non sono solo “produttrici di energia pulita”, ma vere e proprie infrastrutture digitali critiche, chiamate a coniugare sostenibilità ambientale, governance partecipata e tutela dei diritti fondamentali dei cittadini.
Vademecum operativo – 3 cose da fare per una CER conforme a GDPR e NIS2
1️ Definire la governance dei dati
- Individuare con chiarezza il titolare del trattamento (es. la CER come associazione o società veicolo).
- Nominare eventuali responsabili esterni (fornitori IT, gestori di piattaforme, società di monitoraggio).
- Predisporre un registro dei trattamenti aggiornato (art. 30 GDPR).
2️ Valutare e mitigare i rischi
- Redigere una DPIA quando si usano smart meter, blockchain o piattaforme di condivisione digitale.
- Applicare misure di privacy by design e by default.
- Integrare i requisiti NIS2: piani di risposta agli incidenti, sistemi di logging e controllo accessi, test periodici di sicurezza.
3️ Assicurare trasparenza e accountability
- Pubblicare una informativa chiara e completa per i membri della CER.
- Implementare canali di comunicazione per segnalazioni e richieste di esercizio dei diritti.
- Prevedere audit periodici interni e, se necessario, l’incarico di un DPO (Data Protection Officer).
In sintesi: una CER che investe in sicurezza digitale e tutela della privacy non solo rispetta la legge, ma rafforza la fiducia dei cittadini, elemento essenziale per la crescita delle comunità energetiche.
Articolo di Edoardo Di Trolio